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Insultare gli autori per aver scritto un brutto libro? Ma anche no.

(Nota: l'argomento è generale, non riferito a qualcosa di personale)


Molti lettori pensano che gli sia concesso un diritto: quello di insultare un autore quando ritengono che il libro che hanno acquistato risulti, per primo, un insulto nei loro confronti. Attenzione, con "insultare" non intendo farlo sul suo libro, ma sulla persona in sé, il che mi ha sempre lasciata con delle domande: quali sono la necessità e l'utilità di fare una cosa del genere? E' un mero sfogo di frustrazione dopo la delusione nello scoprire che il libro per il quale abbiamo speso soldi non valeva la pena? E' la perfida volontà di far scoppiare a piangere un autore? O di farlo arrabbiare? E' invece la discutibile speranza di riuscire a scuoterlo abbastanza da portarlo a una riflessione che migliori i suoi futuri lavori? Credo sia un dibattito vecchio come il cucco, che divide e fa discutere ancora oggi, quindi ecco anche la mia opinione, per quel che conta. Prima di tutto c'è il fatto secondo il quale, per i suddetti lettori, nel momento in cui pubblichi un libro significa che ti ritieni già uno scrittore in carriera, meritevole di lodi e di un posto a fianco di autori ben più affermati. Del resto, se uno non si ritiene all'altezza, non avrebbe bisogno di pubblicare un libro, direbbe qualcuno: lo terrebbe per sé e per gli amici che lo seguono. Ecco, personalmente è quello che ho fatto per anni, limitandomi a pubblicare Hastlevain unicamente su social e apposite piattaforme online... senza ottenere alcun risultato, nonostante i continui sforzi. E per risultato non intendo "successo" o, peggio ancora, "vendere tante copie", ma semplicemente trovare qualche persona, anche un paio, che avessero avuto voglia di aiutarmi a migliorare il mio lavoro seguendolo costantemente. Purtroppo è molto difficile riuscire sia a farsi notare che ad invogliare le persone a leggere qualcosa di tuo. Quando anche gli amici non fanno altro che dirti "prometto che prima o poi leggerò tutto", capisci che hai bisogno di fare qualcosa, come un passo in più, e per questo pensai, forse ingenuamente, che autopubblicando sarei riuscita a trovare dei lettori interessati. Non è dunque che mi ritenga meritevole "di un posto", tanto meno allo stesso livello di una Rowling (ho già detto che non sono una "scrittrice" inteso come professionista, ma solo la firma di quel che ho scritto); non cerco il successo in sé, volevo solo cercare di renderlo un po' più visibile. Come dite, è una cosa uguale per tutti? Forse, ma questo non mi porta a considerarmi scrittrice solo per avere scritto tre volumi da 500 pagine minimo. Altro punto: cercare persone disposte a consigliare sottintende l'essere aperti a ricevere critiche negative, anche dure, ma non per questo insulti alla propria persona. Quando uno sente di essere giustificato ad arrivare a questo punto, per me perde totalmente di credibilità e serietà, tanto nelle sue critiche quanto nei suoi intenti. Mi dà l'idea di una persona puerile che, siccome l'autore gli è antipatico, boccia qualsiasi cosa scritta da lui, anche se fosse la migliore in assoluto. Insultare in modo aggressivo (indipendentemente da quanto brutto sia un libro) per me è un comportamento di basso livello, che cancella tutta la costruttività di una critica, la quale dovrebbe essere d'aiuto all'autore e portarlo a riflettere su di esse, non a concentrarsi sulle offese. Che considerazione vuoi che dia al suggerimento di un lettore che mi dà della scema come una testuggine sbronza? (Sia chiaro: nessuno mi ha mai insultato) E' chiaro che l'insulto spiccio non faccia altro che offrire l'immagine di un hater frustrato e probabilmente alquanto giovane, e soprattutto non trova alcuna utilità ai fini della recensione, né nei confronti dell'autore né in quello degli altri lettori, se non quello di dare il via a un triste sipario di derisione e bullismo, che diventa peraltro decisamente disgustoso quando ti rendi conto che in realtà è formato da persone adulte nascoste da scuse sullo stile "l'insulto è mio di diritto perché non sta scritto da nessuna parte che io debba essere educato" (quando leggo 'ste cose, mi rendo conto di essere davvero felice che mi sia stato insegnato il rispetto verso il prossimo, anche quando qualcosa non va bene); o ancora, "è stato l'autore a insultare per primo me, lettore, scrivendo lo schifo di libro che gli ho pagato". Si dimentica, però, che in fin dei conti nessuno lo obbliga a comprarlo: si presuppone che, prima di un acquisto ad occhi chiusi, uno legga la trama per capire se è davvero nelle sue corde. Peraltro, oggi è spesso facile leggere anteprime e recensioni, e ancora di più informarsi meglio sulla qualità di un'opera, quindi dai: davvero non ti sei accorto che quel preciso libro aveva decine di recensioni negative? E tu lo acquisti a prezzo pieno e poi ti lamenti dando la colpa a me per averlo scritto? Se volete acquistare ad occhi chiusi bene, ma questo non giustifica assolutamente l'insulto sul personale nel qual caso non piaccia. Ma poi, anche volendo prvarlo nonostante le recensioni negative, perché si ritiene che possa piacere comunque (ci sta, non siamo tutti degli stessi gusti), la scelta è stata comunque propria. Non è per forza detto che un autore se ne sia altamente sbattuto di impegnarsi e non abbia avuto nessunissimo riguardo nei confronti dei lettori. Un autore deve senza dubbio studiare e cercare le fonti di cui ha bisogno per evitare errori e situazioni inverosimili, ma nel momento in cui è convinto di essere sufficientemente informato o in grado di giostrarsela per conto proprio, può rivelarsi difficile, per lui da solo, vedere tutto quello che non va e che la sua dedizione non è ancora sufficiente. E anche per questo esistono editor e beta reader. Con questo non voglio scaricare la colpa sugli altri, perché laddove ci sia un lavoro incompleto o non ben fatto la colpa è sempre e solo dell'autore, ma non posso accettare che si arrivi all'insulto personale, perché anche il senso di una critica cambia se è farcita di insulti. Assume connotati deleteri e controproducenti, non aiutano l'autore, lo demoralizzano e basta, e non aiutano nemmeno il lettore (visto che poi finisce ugualmente per comprare il libro, solo per divertirsi a leggere tali scelleratezze e scriverne ancora di peggio). Certo, se uno è forte abbastanza se ne frega degli insulti e si concentra sulla critica in sé, che però, come dicevo, accompagnato da un simile atteggiamento io tendrei a non considerarla con l'adeguata serietà. Un insulto mi farebbe sorridere, e non farebbe altro che dimostrare la pochezza umana di chi ha creduto fosse necessario ferire i sentimenti dell'autore (tanto siete pure orgogliosi quando dite "sì, sono cattivo", quindi immagino la vastità del cocomero che ve ne freghi), o di perdere il controllo sulle proprie emozioni, liberandole. In fondo, nessuno mi obbliga ad andare al ristorante, ma se ci vado accetto il rischio di poterne rimanere delusa e di sprecare dei soldi. Se poi trovo del cibo poco cotto nel mio piatto non vado dal cuoco a dirgli che è un figlio di stoccafisso ed era meglio che non fosse mai nato, rischiando peraltro di prendermi una sberla in faccia (che dietro la tastiera, comunque, non rischiate di prendervi, e spesso anche per questo fate la voce grossa), ma faccio notare al cameriere i problemi nella speranza che, al prossimo giro, facciano tesoro del feedback per migliorare. Essere seccati è una cosa, usare schiettezza e durezza pure. L'insulto, l'odio immotivato, invece, NON servono. Non sono giustificabili, non hanno realmente alcuna utilità se non quella di generare ulteriore negatività o riempire il vostro ego "macho". L'ambiente diventa assurdamente soffocante. Ho letto fin troppi professorini che dietro a una dialettica forbita e un atteggiamento da leoni credono di potersi atteggiare come vogliono di fronte a persone di qualsiasi età, perché (citando l'autore di una recensione nei confronti di uno scrittore di cui non farò nome) "ritengo sia seriamente scemo". Quando una critica sarà incentrata sul voler aiutare l'autore a migliorare invece che a sperare di fargli del male fino alle lacrime (ma perché poi, mi domando, fa pure sembrare un po' invidiosi) meriterà persino un ringraziamento per il prezioso contributo. E si badi bene: critica con educazione non significa che non possa essere schietta. No, non ci sono proprio ragioni: se insultate non è per diritto, basta con questa scusa. Siete i primi ad essere consapevoli che significa semplicemente snocciolare cattiveria vera e propria con il torbido intento di fare del male. E no, ovviamente non ci sarebbe nulla di cui andare orgogliosi. Potete essere orgogliosi se siete in grado di mantenere compostezza ed educazione mentre in realtà siete delusi, arrabbiati o disgustati. Sono segni di maturità ed intelligenza di gran lunga maggiori rispetto a chi si mette a pestare i piedi per terra, credendo di sembrare un duro nello sbattere in faccia all'autore quel che pensa di lui.

Mi viene in mente la storia di un recente videogame sviluppato da un team italiano di un paio di persone: un buon prodotto, ma con qualche ingenua lacuna. Subito dopo, ecco fioccare una pioggia di insulti tutti all'italiana, che se ne sbattono del lavoro di anni di un così piccolo team. La motivazione principale? "Sono italiani, se lo meritano". Il mondo fa già abbastanza schifo, continuare ad alimentarlo non è il modo più maturo per migliorare le cose. Come dite, questi libri "schifosi" sono i primi ad alimentarlo? Appunto: e quindi perché aggiungerne dell'altro con un atteggiamento che, a questo punto, sa pure di ripicca? Se evitate di recensirli, di scrivere insulti che attirano hater come api sul miele, lo lascerete semplicemente sprofondare del dimenticatoio che secondo voi merita. "Lui ha scritto da schifo, allora io lo tratto uguale": provate un po' a sentirvi e vedete un po' se vi viene ancora di dire che siete nel giusto. Il diritto alla libertà di parola non consente le offese gratuite in nessun caso, perché, come si dice, la mia libertà inizia dove finisce la tua.

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