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Essere scrittori e ciò che implica

Ieri ho letto una frase che diceva più o meno: "uno scrittore è colui che ha letto un'intera biblioteca" e mi è sorta una domanda: può un VERO scrittore aver letto pochi libri nella sua vita? Avere la passione per scrivere implica imprescindibilmente quella di leggere centinaia di volumi di ogni genere? Di mio è anche e forse soprattutto per questo che sento, almeno per ora, di non poter fare quel "passo in più": è come se mi sentissi presuntuosa a ritenere di avere possibilità di diventare qualcuno con il piccolo bagaglio che mi ritrovo sulle spalle. E allora perché ho autopubblicato tre libri? Parto dall'inizio: sono una persona con tante passioni, ma per ragioni principalmente economiche ho sempre potuto seguirne regolarmente una. Da sempre il mondo videoludico è il mio rifugio, il mio amore primordiale e incessante, pertanto le mie risorse e il mio tempo libero li ho principalmente spesi per esso. Da bambina non sono mai stata particolarmente fanatica dei libri: mi piacevano, li sfogliavo e ne avevo diversi, ma ho sempre letto relativamente poco. Una volta vinsi pure un volume sulle favole irlandesi tramite un concorso di disegno, ma nonostante provassi una certa attrazione nei suoi confronti non andai mai oltre alla prima storia. Non era dunque una passione, anzi, si può quasi dire che il mio interesse fosse debole se paragonato a quello che nutrivo per altre cose. Tutto cambiò leggermente quando iniziai ad appassionarmi a qualche saga fantasy e a leggiucchiare qua e là, anche se continuai a dover scegliere tra l'una e l'altra cosa. Contemporaneamente iniziai a provare l'improvviso impulso di dover scrivere, perché se con la lettura mi sentivo scostante il fatto di vedere un foglio bianco o un quadernino vuoto mi generavano una strana e irresistibile voglia di scriverci, anche se non sapevo nemmeno che cosa. Sapevo solo che avevo voglia di scrivere un racconto tutto mio, qualcosa di più lungo di una fan fiction. Pian piano nacque l'idea della mia supereroina ninja, finché non conobbi un gioco di ruolo testuale: si giocava scrivendo le azioni del proprio personaggio un po' come se fosse un libro (ma con precise regole di turnazione e interazione) e credetemi: con il senno di poi mi resi conto di quanto fossi pessima a quei tempi. Non che arrivassi al punto di scrivere il verbo "avere" senz'h, ma il mio italiano aveva parecchie lacune (e chiedo scusa se, ogni tanto, il retaggio di quei tempi mi porta ancora a commetterne) e uno stile elementare. Ciononostante, giocando per anni e leggendo persone molto più capaci di me -anche chi è poi diventato un vero e proprio autore di libri-, ho continuato a migliorare fino ad evolvere il mio stile, così che, nel momento in cui tornai sui primi capitoli di Hastlevain, capii finalmente di dovermi mettere le mani nei capelli, e mi domandai: "PERCHE' nessuno si è mai preoccupato di farmi notare tutti questi errori?" Non vorrei essere egoista, ma se mi capitasse di leggere scritti del genere da mia figlia non mi esimerei dall'aiutarla a sistemare quello che non va. Tuttavia fu in quel momento che capii anche che, per imparare a scrivere decentemente, bisogna prima aver letto tantissimo, in modo da non pretendere che siano gli altri a farci sempre da insegnanti. Appurato questo decisi comunque di riprendere in mano Hastlevain, spinta dal continuo istinto di doverlo fare nonostante la mancanza del bagaglio che mi sarebbe servito per creare un'opera a dovere: ma non volevo farlo pensando di poter ottenere un seguito di lettori e diventare qualcuno, ma per me. Era una prova per vedere cosa fossi in grado di fare, fino a che punto, se iniziato un lavoro sarei stata capace di finirlo con tutto l'impegno e la cura possibili, dalla stesura della trama all'editing del cartaceo. Volevo verificare se si trattava di una passione o solo di un interesse passeggero. Adesso Hastlevain è una scuola che spero possa portarmi a capire cosa non va nel modo in cui lavoro, così da migliorare i progetti futuri e poter iniziare a scrivere anche "per" gli altri, magari. Forse il fatto di non avere trovato più di un paio di lettori avrebbe dovuto farmi cambiare rotta o genere, ma questo significava lasciare un lavoro incompiuto, il che mi dava veramente fastidio. Ciononostante rimango semplicemente una persona a cui piace scrivere le storie che le passano per la mente, non una scrittrice, almeno finché non avrò letto "un'intera biblioteca". E per voi, chi è lo scrittore? In che momento ritenete che una persona possa pregiarsi di tale titolo? Basta semplicemente pubblicare con una casa editrice e ottenere consensi (o critiche), per esserlo?

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