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La Tempesta del Nord

(anteprima)

Capitolo 1: Shaden

 

 

 

 

 

 

 

Nella contea di Shi-alba, situata nella zona settentrionale della regione di Leeshara, i tramonti erano famosi per l'immensa bellezza delle loro vivaci sfumature. Si diceva che lo scudo antidrago innalzato lungo l'intero perimetro permettesse giochi di colori inusuali e incantevoli, ragion per cui molti la soprannominavano “la contea dell'oro rosso”. Lambito da un'antica città di pietra, il castello nobiliare s'innalzava su ogni edificio scagliando, come lancia nel cielo, la torre di vedetta con il suo tetto a pinnacolo. Un'enorme clessidra incastonata nello spazio centrale segnava lo scorrere delle ore, e ad ogni ora una recluta del corpo militare nobiliare giungeva per capovolgerla. Era un compito noioso, adatto a chi era solo un giovane aspirante soldato che sognava imprese titaniche e medaglie all'onore consegnate dai nobili in persona, così dicevano sempre i veterani a Geedo, la recluta che doveva occuparsene per tutta la giornata. Addossato al parapetto con la schiena reclinata in avanti, le braccia incrociate e la testa che ci si appoggiava sopra, liberò un intenso sospiro: scoraggiato da quell'immagine ben più che lontana di un se stesso ricoperto di medaglie sull'armatura lucente da Colonnello, guardava i militi esperti che rientravano in caserma frettolosamente dopo una lunga sessione di allenamento, riversandosi sulla lunga scalinata che dal cortile centrale correva verso il retro del castello. Poter prendere parte a quei combattimenti per Geedo era un sogno. La preparazione e l'abilità del corpo nobiliare era nota ovunque, ed era certo che se avesse potuto seguire le lezioni -quelle serie, non gli stupidi esercizi che toccavano a quelli come lui- sarebbe stato trasformato in un guerriero di tutto rispetto. Al momento, però, contava solo un paio di vittorie in una rissa da taverna: era stato reclutato soltanto da due mesi e mezzo, mesi in cui aveva incominciato ad abituarsi al ritmo della vita militare. L'ora stava per passare, e si girò a guardare la clessidra in alto. Si distaccò dal parapetto e andò alla manovella per capovolgerla, compito non poi così noioso, tutto sommato: con lo sforzo che era necessario fare per girarla, i suoi muscoli si sarebbero rinforzati rapidamente. Quando fu del tutto girata e la sabbia riprese a scorrere inesorabile, colpì il piccolo gong appeso a uno dei quattro pilastri sorreggenti la parte alta della torre per segnalare il cambio d'ora: erano le sette del mattino. In attesa dell'ora seguente, Geedo scese la scalinata per andare incontro ai militi di rientro, i quali avrebbero avuto bisogno dei più disparati favori: pulire le armature, le armi e gli stivali; raccogliere la biancheria sporca e portarla in lavanderia; consegnare le pergamene ai destinatari e portare le risposte alla paggeria; scrivere i resoconti o andare da qualcuno per un comunicato; poi, finalmente, sarebbe incominciato l'addestramento delle reclute, il distruttivo allenamento preparatorio. Ancora non impugnava le armi, ma con un po' di perseveranza e di impegno ci sarebbe presto arrivato. Prima doveva farsi ossa e muscoli, perché senza una buona base una torre non può stare in piedi, così gli diceva sempre la sua mentore, indicandogli proprio la vedetta. Mentre camminava incontro ai soldati sudati e affamati, avvolto dalla calura e dall'odore che emanavano da sotto le armature, la cercava con lo sguardo. All'improvviso la vide avanzare furiosamente, gli occhi infervoriti e puntati in basso e la bocca chiusa con forza. Al suo fianco un uomo alto cercava di stare al suo passo, parlandole concitatamente. Geedo si soffermò corrugando la fronte.

«...Cerca di capire, Shaden! Questo non è ammissibile, soprattutto per il tuo grado.»

L'uomo si fermò lasciandola avanzare senza che la donna gli prestasse attenzione. Uno sbuffo sottolineò la sua esasperazione. «Spero che tu mi dia retta, per una buona volta... sei un soldato, Sha'! Uno di quelli di cui abbiamo assolutamente bisogno! Non rischiare per delle stupidaggini.»

Shaden strinse i denti e si fermò. Voleva dire qualcosa, ma trattenne le parole. Il resto dei soldati sciamò fra i corridoi, e quando passarono gli ultimi due o tre rimasero soltanto lei, Geedo e l'uomo in armatura.

«Non lo farò» gli rispose infine. L'uomo sapeva che non era ciò che Shaden stava realmente pensando, e serrò le labbra scuotendo la testa, senza aggiungere altro. Prima di tornare verso il cortile, guardò Geedo con un'occhiataccia e si girò. Shaden rallentò il passo e salì gli ultimi due gradini: non si era neanche accorta della recluta che le era venuta incontro, il suo allievo.

«Tutto a posto, Maestro?»

Ella lo guardò alzando la testa di colpo, lasciando sfuggire un sospiro stressato.

«Niente di cui tu ti debba preoccupare, Scudiero; vieni» gli disse gesticolando frettolosamente «oggi c'è il sole; non ho assolutamente voglia di tornare in questa gattabuia.»

«Ma...» protestò Geedo «non posso abbandonare la mia postazione, Maestro; mi sto occupando della clessidra. E anche tu...»

«La clessidra? Manca un'ora al giro, Geedo» il ragazzo si sentì penetrare dallo sguardo felino e serio che lo fissava come se volesse entrargli nell'anima; indugiò qualche secondo, poi fece spallucce «io vado alla Scia; se vuoi venire, vieni.»

Geedo guardò la donna proseguire spedita, la postura dritta come una spada. Svoltò l'angolo, dirigendosi all'armeria per lasciare il suo equipaggiamento, e si guardò intorno contemplando l'improvviso silenzio che era calato attorno a lui, solo il lontano vociare dei guerrieri che si dirigevano alle cucine o alle vasche per lavarsi.

«Santo cielo» mormorò muovendo il passo. Poco dopo, quando raggiunse di nuovo Shaden, la vide aspettare con impazienza il suo turno all'armeria. C'erano molti guerrieri, e si era formata una piccola coda all'interno. Shaden sbuffava e sospirava, continuando ad alzarsi sulle punte dei piedi. Geedo non ricordava di averla mai vista così irrequieta. “Che stia per giungere l'eclissi?” si domandò lanciando uno sguardo per aria. Shaden lo guardò e indugiò un momento.

«Ti sei deciso, alla fine?» gli chiese senza attendere una risposta; subito dopo lo afferrò e lo trascinò di fuori. «Non importa, lascerò le armi e l'armatura più tardi; voglio solo stare un po' lontana da questo posto.»

«Ah! Ehi!» Geedo si lamentò quando la mano forte della donna si strinse intorno al suo polso. La guardò avanzare decisa all'esterno del cortile, e quando virò verso il cancello est, scoperto e chiuso in quel momento, spalancò gli occhi. «Non usciamo dal presidio?!»

«No, Geedo; dovrei dare delle spiegazioni, e non ho voglia di altre rotture. Sono stanca, di tutto questo.»

“Di tutto questo?” si chiese. Che cosa voleva esattamente dire? Quelle parole lo preoccuparono, e le collegò allo stralcio di discorso che aveva udito poco fa.

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To be continued...

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