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Chiacchiere in quarantena

Fino a pochi mesi fa, immaginare dell'arrivo di un virus che avrebbe costretto il mondo intero a rinchiudersi in casa sembrava uno scenario possibile solo nei film hollywoodiani o nei videogiochi. Eppure, tutti sapevamo che la cosa non era affatto improbabile... perché l'arrivo di nuove malattie incurabili non è una novità, e non è frutto della fantasia delle persone. Il problema è che, pur consapevoli, quando arriva siamo sempre impreparati. Sembrano cose lontane e impossibili, e quindi ci adagiamo, dimenticandoci che il giorno dopo potremmo essere richiamati a modificare tutto a un tratto le nostre abitudini. Poi succede e si prova rabbia, sconforto, disagio, depressione... tutte emozioni normali, tutte emozioni umane e impulsive per le quali non ci si deve sentire in colpa. Il primo impatto è così... successivamente, però, è anche bene fare pace con se stessi e accettare la situazione limitando il più possibile le scaramucce, in modo da concentrarsi su ciò che invece serve realmente. Con questo non voglio dire che uno sfogo sia sbagliato a prescindere. A volte, in determinate situazioni, è una delle poche cose che fa stare meglio... a certe dosi, senza esagerare, lo sfogo sa essere terapeutico. Ma non voglio addentrarmi in argomenti complessi e che necessiterebbero peraltro di un approccio decisamente soggettivo. Volevo più che altro chiacchierare su questo strano periodo, anzi, su questo periodo di merda, in realtà iniziato ben prima della scoperta del Covid-19. Sul finire del 2019 ero molto contenta per l'imminente uscita di un titolo videoludico che aspettavo da anni, e che ha una storia incredibile ("incredibilmente travagliata" forse è più appropriato) alle spalle: il meraviglioso Shenmue III, terza parte di un'avventura davvero speciale e che io, mia madre e mia sorella abbiamo sempre seguito insieme. Se volete capire cos'avrebbe avuto di tanto travagliato, Googlatelo per leggerne la storia. Comunque, insomma, lo aspettavamo davvero con entusiasmo e non vedevamo l'ora di poterci immergere a 360° nelle sue meraviglie, per godercelo in tutta tranquillità. E quando è successo è stato magnifico: il primo impatto mi ha lasciata con il batticuore, perché all'improvviso ero davvero tornata indietro nel tempo per giocare a un nuovo Shenmue... nuovo, sì, ma uno Shenmue a tutti gli effetti. Ho sentito di delusioni, lamentele e quant'altro riguardo principalmente l'aspetto tecnico e la mancanza di qualche svecchiamento in termini di gameplay: affatto, non sono per niente d'accordo. Per quanto mi riguarda, lo trovo semplicemente perfetto. Avrei molto altro da dire, ma non sono intenzionata a fare una recensione sul gioco. Volevo solo far capire quanto ne fossi entusiasta, nonché sottolinearlo un po' come la mia prospettiva per un periodo favoloso e felice... poi, però, è successo qualcosa che ha improvvisamente appannato questa visione, e qualsiasi idea entusiastica del periodo è finita di colpo in un momentaneo dimenticatoio. Questo è successo quando a mia madre è stato diagnosticato un male, fortunatamente curabile, ma che si preannunciava comunque impegnativo, e tutte le incognite del momento contribuivano ad alimentare preoccupazioni e tensioni. Il periodo felice e tranquillo è diventato un po' il via vai tra casa e ospedale, ma un passo dopo l'altro sono state fatte tutte quelle cose necessarie a riprendere la normalità... una prospettiva ovviamente ancora lontana, almeno nella totalità del suo significato, ma quando tutto sommato si sta bene e in un certo senso ci si “abitua” per una conseguente accettazione della realtà dei fatti, si può parlare di una quasi-normalità. Certo, solo dopo l'operazione si è poi arrivati a dover accettare anche la prospettiva di una cura pesante e debilitante, e lì c'è stato un momento di ricaduta... ma non avevo certo dubbi sul fatto che mia madre avrebbe superato anche questa ;) è stato dopo che è arrivato il Covid-19, e dunque ecco ripartire le preoccupazioni del caso. Quando hai vicino una persona anziana con il sistema immunitario compromesso da cure pesanti, è normale avere paura. Come tanti, forse tutti, ho avuto paura, ho provato un senso di morsa allo stomaco e di brividi quando ho capito che questa influenza era una minaccia reale, che poteva nascondersi anche dietro l'angolo di casa... perché, sin dall'inizio, ho sempre avuto timore che girasse già da Gennaio, anzi, personalmente ritengo possibile che i primi veri casi si siano verificati persino a Dicembre. Solo che venivano diagnosticati come influenze stagionali, e lo stesso in caso di decessi. Tuttavia, nonostante quando s'iniziava a parlare di Coronavirus in Cina pensavo che potessero già esserci persone contagiate, appena tornate da un viaggio a Wuhan, non avevo nemmeno io l'accortezza di prendere misure cautelative in più. Ossia, facevo sempre le medesime cose: lavarmi le mani ogni volta dopo un'uscita o dopo avere usato un bagno pubblico e disinfettarle con l'Amuchina (sì: alla faccia di tutti quelli che l'hanno appena scoperta, io la compro da anni per portarmela in borsa!). Finché qualcuno non arriva a dirti “oh, c'è una minaccia e si deve fare così e cosà” non ci si pensa, non si fa. Non prendiamo autonomamente coscienza, né consapevolezza di un pericolo imminente. Non agiamo di conseguenza per conto nostro, e vuoi perché aspettiamo gli ordini dall'alto, vuoi perché c'è una certa distanza a separarci (una mera illusione, un'immagine ingenua che non comprendiamo, in quel frangente, essere valicabile nella manciata di alcune ore), crediamo di essere al sicuro. Del resto, immaginate se le persone si fossero auto imposte, in maniera del tutto spontanea, una quarantena a partire dal momento in cui si è sentito del contagio di Wuhan... questa sì che è un'immagine improbabile e da film hollywoodiano. Impossibile. Non abbiamo lontanamente una cultura di precauzione in tal senso, e già lo stiamo dimostrando ampiamente. Però è anche vero che, se si fosse fatto così, avremmo avuto pochi casi, o senz'altro molti, moltissimi di meno.

E così è cominciata pure questa. Quest'anno ero entusiasta anche per l'arrivo della bella stagione per alcune gite che avevo in programma di fare, e con la minaccia di bruciarci praticamente tutta l'estate si può proprio dire che questo virus sia arrivato a puntino.

Ehi, però non tutto è da buttare: Shenmue III lo abbiamo poi ripreso, e quando siamo momentaneamente nel suo universo, virus e mali vari non esistono più. Oltre a lui, sto scoprendo le meraviglie del potente Dreams, un vero e proprio programma per creare videogiochi, animazioni e sculture digitali più che un vero e proprio gioco. E' pazzesco: Media Molecule (gruppo di sviluppo) ha creato qualcosa di mostruoso e infinito, un gioco che ti permette di creare veri e propri videogiochi... certo, con dei limiti in senso di ampiezza, ma sono rimasta stupefatta dalla varietà di possibilità. Si può praticamente creare qualsiasi cosa, qualsiasi genere, bastano abilità e tantissima fantasia. Non solo giochi, poi, ma anche cortometraggi, scene, fumetti, animazioni, sculture e persino musica! Il tutorial è chiaro e ben suddiviso nelle diverse categorie, il che permette di imparare comodamente le basi e conoscere tutti i vari e complicati strumenti... così, da un cubo possono nascere forme incredibili. Consiglio, però, di appuntare su un quadernino qualsiasi cosa utile: in un secondo momento può davvero tornare utile, infatti mi sono praticamente dimenticata già tutto quello che avevo imparato nei primi tutorial -evviva la memoria corta!-.

Insomma, anche Dreams è perfetto per un periodo di quarantena, anche se richiede parecchio tempo prima di essere compreso in modo sufficiente da poter creare un buon gioco. Ho visto piccole opere che non avrebbero nulla da invidiare anche a titoli più conosciuti, e spererei tanto di raggiungere un simile livello, perché i progetti in mente non mi mancherebbero: prima di tutto, sarebbe divertente ricostruire gli scenari principali di Hastlevain; poi mi piacerebbe riuscire a realizzare un corto sulla mia fiction di Fahrenheit 2, un gioco con ambientazione maya, magari d'avventura con piccoli enigmi, un gioco originale con le atmosfere à la Shadowman e una sorta di remake di Low G Man... giusto quelli principali :D ma al momento ho tentato di scolpire un nacho (sì, quelle specie di patatine messicane) e nada, sono una schiappa.

Infine, mi sta rallegrando anche l'ottimo Indivisible, un gioco che inizialmente credevo non per me, e che invece si è rivelato fantastico, soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi. Finalmente, come dicevo altrove, qualcosa di diverso invece degli ormai abusatissimi indie introspettivi (e brevissimi) che fanno leva sugli argomenti più tristi e dolorosi possibile della psiche umana. Indivisible fa ridere, un sacco ridere con le sue continue gag. E' divertentissimo, ti porta un po' di buon umore in un periodo tanto uggioso ed è quello che ci vuole! Perché non fanno più giochi così è quel che mi domando sempre più spesso. Il più delle volte mi capita di leggere descrizioni di vari indie e “...è un'avventura nella mente di X per scoprire il suo mondo tormentato, le sue paure, il suo passato oscuro”. E dai? Finiamola, non è più una novità, e mi domando se sia davvero positivo continuare a stimolare emozioni del genere. Qualche tempo fa leggevo la spiegazione di un editore su cosa rende davvero “brutto” un libro, ed era praticamente il fatto di pescare nei lati peggiori dell'essere umano per scatenare più facilmente le emozioni del lettore -mentre i libri migliori sarebbero quelli che riprendono la parte migliore di ognuno di noi, scatenando emozioni in tal senso-. Bé, un discorso condivisibile e che potrebbe essere applicato anche nei videogiochi. (Parentesi: fra l'altro, questo mi ha fatto capire che anche in Hastlevain ho pescato qua e là nel lato oscuro, ma non tanto per cercare “emozioni” facili, quanto per l'idea di caratterizzazione di alcuni personaggi. In ogni caso, l'autore del post ha senz'altro ragione sul fatto che chi autopubblica presenta quasi sempre il torbido, scadendo in ingenuità e mediocrità. Hastlevain non è un 'opera professionale, non è passato per un editing serio e non è per chi cerca una qualità di questo tipo. Se sta su un paio di negozi online è solo perché cercavo un modo per farlo conoscere a chi avrebbe piacere di seguirlo (per anni mi sono limitata ad avere il gruppo su FB, e pensavo che così facendo sarebbe stato visto un po' di più; in parte, ha funzionato, specialmente durante le promozioni gratuite). Insomma, non ho fini ambiziosi in tal senso, fosse per me non costerebbe nemmeno un centesimo.)


Bé, il discorso di cui sopra mi ha comunque fatto venire in mente che, seppur sia vero che la maggior parte dei libri autopubblicati non hanno ricevuto un lavoro di editing professionale, ve ne sono comunque di meritevoli. Magari non perfetti, ma che mostrano il potenziale di una persona. Secondo me è anche sbagliato sorvolare a prescindere l'autopubblicazione, perché se un autore è stato rifiutato più volte dalle case editrici non è detto che la sua opera non sia effettivamente degna di una pubblicazione, e vi sono senza dubbio molteplici esempi in tal senso (certo: rimane comunque il discorso che, probabilmente, presenterà errori di varia natura nella forma e nella lingua). E' come su Dreams, appunto: questo programma, oltre a tutto ciò che offre, è anche un ottimo modo per scovare gli autori più meritevoli, quelli che vengono persino notati dagli sviluppatori e premiati (e chissà che qualcuno non riceva persino la richiesta di una collaborazione!). Idem con il disegno: vi sono così tanti autori incredibili ma completamente sconosciuti... quindi, prossimamente vedrò se avrò il tempo di scovare alcuni dei migliori libri autopubblicati per lasciare un piccolo elenco, utile magari a chi, costretto al periodo di quarantena, ha proprio voglia di scovare qualcosa di più amatoriale ma con buone idee.


Come al solito, da un discorso ne sono passata ad un altro. In fin dei conti, però, non è che abbia molto altro da dire: il resto del tempo viene occupato dai compiti di mia figlia, che per fortuna la scuola aiuta dal web inviandoli settimanalmente. Non è poi così facile far studiare un bambino a casa. E' un compito di cui solitamente si occupa sempre la scuola e gli insegnanti, non noi, e così i dubbi di star facendo bene sono onnipresenti, e credetemi, la cosa crea anche stress. Anche e soprattutto per i bambini, che costretti nelle quattro mura di casa diventano più irritabili e stufi. E così, tra un compito e l'altro il tempo vola anche: le giornate sono lunghe e lente allo stesso tempo. Vorrei avere più ore a disposizione, ma sono stufa di vedere solo casa mia, tanto da perdere la cognizione del tempo e avere la sensazione di non uscire da anni. Immagino che stiamo tutti passando la stessa cosa, le strane sensazioni, come un disorientamento generale... forse un po' come in un sogno. In questi ultimi due giorni ho incominciato a provare una certa spossatezza fisica con una sensazione di capogiri, e non so se sia dovuto allo stare in casa per tanto tempo, forse a una carenza di qualche vitamina o minerale, ma spero proprio che non sia un qualche campanello d'allarme. Decisamente, questo non è il periodo migliore per tanti, troppi motivi :/ e no, non scriverò “andrà tutto bene”: personalmente questa frase mi sta antipatica. Sì all'ottimismo e alla positività, ma questa mi sembra più una frase fatta e che tutti scrivono perché va di moda, non tanto perché ci sia il serio impegno di seguire le regole e fare in modo che questa storia finisca il prima possibile. Mi sa di ipocrisia, di “tutti la scrivono e allora lo faccio anche io”. E sembra anche una di quelle promesse che uno fa senza avere la certezza che riuscirà a mantenerla. Insomma: andrà tutto bene se faremo bene le cose. Non è una cosa scontata. Messa così è più una speranza, una preghiera su cui uno sente bisogno di aggrapparsi. Quindi, non dirò che “andrà tutto bene”, ma che “spero che alla fine ne usciremo il meno feriti possibile”. Ma sarà dura, molto dura.


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