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Il difficile mondo dei timidi

In uno dei precedenti post ho detto di identificarmi in Cuore Alato, perché anche io sono una persona timida (non a quel livello, è vero... giusto un poco). Nel mio libro l'ho forse esagerato fino a renderlo un caso patologico, però penso sia uno dei personaggi che riesco a comprendere di più. So infatti quanto può essere scocciante desiderare di essere disinvolti, spontanei, naturali, a proprio agio, senza imbarazzarsi, chiudersi o avere timori. Purtroppo nel mondo si tende a minimizzare i problemi dei timidi e a prenderli con larga sufficienza, se non come una vera e propria seccatura. Nel mondo le persone timide vengono difficilmente accolte e accettate: la società impone che ognuno di noi sia pronto a buttarsi tra gli altri e in qualsiasi (o quasi) situazione a spada tratta, a socializzare, ad avere un atteggiamento estroverso e amichevole (attenzione che questo non significa affatto che uno timido non possa avere un atteggiamento ugualmente amichevole). Sembra che esserlo sia un errore, insomma, quasi come l'essere cattivo.

Ti vedono timido? Ecco che la persona di turno ti spiegherà che non devi fare così, che è sbagliato, che se lo sei non vai da nessuna parte, e in linea di massima tendono tutti a vederti come un incapace buono a nulla, una persona su cui non contare troppo e a cui non dare troppa fiducia per determinate cose. Un timido viene spesso visto anche come una persona che è maturata poco, perché ha bisogno che qualcuno lo tenga per mano e l'accompagni per la minima cosa. E le persone che ti dicono che esserlo è sbagliato, sono le prime a trattarti in modo diverso rispetto agli altri, a guardarti in modo strano, come se avessi qualche problema. Come posso sentirmi meglio e migliorare la mia condizione, se tu per primo non mi tratti al pari di queste persone "normali"? Più che denigrare, sottolineare, giudicare, umiliare, sarebbe opportuno che una persona cercasse di mettere il più possibile a proprio agio un timido, perché questo aiuta molto di più che mettersi a criticare quello che in lui non va.

L'essere timidi, poi, è una caratteristica che fa parte di una personalità, e non la ritengo sbagliata, sinceramente (anzi, è piacevole se vista da un preciso punto di vista, visto che spesso si tratta di persone molto sensibili e comprensive). Esserlo non è davvero un errore, e soprattutto non è qualcosa che si può controllare schioccando le dita. Se una persona prova qualcosa, che sia un setnimento o un'emozione, può forse controllarlo a piacimento? Può forse dire "okay, oggi decido che non voglio più bene al mio gatto"?

Ebbene, chiedere a un timido di non sentirsi così è come chiedergli di smettere di provare un sentimento che nasce in modo spontaneo. Ovviamente questo si può tenere sotto controllo in altro modo, per esempio sforzandosi di mantenere un certo atteggiamento e nascondere quello vero per abituarsi... a questo proposito, il risultato non sarà ovviamente naturale, ma forzato.

E anche questo atteggiamento forzato non andrà bene quasi a nessuno: la gente continuerà a vedervi strani e a non darvi troppa fiducia, soprattutto nel mondo del lavoro.

Nel mondo del lavoro, la vita per i timidi è quanto mai difficile. Per ovvie ragioni c'è quasi sempre bisogno di persona spigliati, capaci di rapportarsi con gli altri e così via, quindi è ovvio che un datore di lavoro, di fronte a una persona che vede troppo timida per i suoi gusti, passerà avanti.

Da una parte è giusto, dall'altra lo ritengo profondamente sbagliato. Ci sono persone a cui non è mai stata offerta una sola possibilità, a causa di tutto questo. Nessuno ha mai dato loro fiducia, nessuno ha mai voluto dire "dai, proviamo". E dunque quest'esperienza non arriva mai: frustrante a dir poco. Se nessuno darà mai la prima mano a una persona in queste condizioni, essa imparerà molto lentamente a capire come può migliorarsi, facendo il doppio della fatica.

Io, alla fine, da "molto timida" sono diventata "un pochino timida" solamente grazie all'esperienza che mi ha offerto la maternità. Dopo che è nata mia figlia, infatti, ho dovuto per forza di cose cambiare musica e capire come potevo rapportarmi con gli altri senza sentirmi intimidita, impacciata, a disagio e così via. Ovviamente non posso dire di esserne uscita completamente, né di essere super socievole, di amare lo stare tra la gente (no, proprio no) e di essere estroversa. Tutt'altro... ma la situazione è molto, molto migliorata.

Di certo potrei fare di meglio. Ho ancora dei timori e delle paure che non vengono al pettine, e credo mi sia proprio mancata un'esperienza lavorativa più appagante e impegnativa.

Il mio appello, quindi, è di provare a dare un po' più di fiducia alle persone timide, di offrirgli un'opportunità anche se sul curriculum non ha maturato esperienze. Di coinvolgerle in modo amichevole per farle sentire a loro agio invece di discriminarle e criticarle. Di guardarle e parlare con loro normalmente, non come se fossero strani. Probabilmente chi si sentirà più forte e autoritario continuerà a vedere in loro soltanto delle persone deboli che devono darsi una svegliata così, su due piedi, ignorando che questo è possibile solo lavorandoci su per anni e possibilmente con l'aiuto di chi le circonda. Nel mondo c'è bisogno di accettare le diversità tra le persone, di qualsiasi tipo, perché TUTTE possono vivere e coesistere, tutti possono e devono avere modo di essere liberi, come hanno voglia loro... tutti hanno semplicemente diritto di essere se stessi, e non di sforzarsi a cambiare per essere accettati. Il mondo non era bello perché vario? E allora ogni tanto dimostriamolo.

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