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Fragile Dreams on the planet Saturn


Il titolo in verità non ha davvero senso, è semplicemente che, questo periodo, videoludicamente parlando è farcito da tanto Sega Saturn e un po' di Wii. Per l'appunto ho finito Fragile Dreams, un gioco davvero particolare, che ho iniziato da sola, passando delle belle serate estive circa un anno fa in compagnia perenne di una bibita Xion blu elettrico, per poi ricominciarlo e proseguirlo insieme a mia sorella e a mia mamma. Certamente l'intento degli sviluppatori era quello di far sentire al giocatore il peso della solitudine, una cosa che si avverte fortemente in ogni ambientazione, così silenziosa e abitata, casomai, solamente da fantasmi e spettri malevoli (anche da qualche gatto, in verità). Credo non sia un titolo per tutti: nei suoi dialoghi e nelle sue scene c'è sempre quella nota poetica e quel significato profondo che, magari, al giocatore più abituato all'azione o alla cruda schiettezza della trama, può facilmente sfuggire. Guardandolo con poca attenzione può sembrare un tipico titolo jappo e melenso fino all'eccesso, cosa che in effetti può anche essere, ma c'è un tema più profondo alla sua base che è quello dell'assoluta necessità, per un essere umano, di non rimanere solo, del suo bisogno di avere qualcuno, di sapere che qualcuno da qualche parte c'è, qualcuno in grado di infondergli speranza e di farlo andare avanti. La solitudine, quella vera, quella che ti porta ad essere realmente "l'unico", porta l'uomo all'esasperazione e alla ricerca, quasi compulsiva, di qualcuno. E in Fragile Dreams qualcuno arriva sempre, qualcuno che sia un oggetto o uno spirito che poi va via... tutti sfuggono per un motivo o per l'altro, frantumando ogni volta le speranze del protagonista, portandolo ogni volta a cercare di nuovo, e ad inseguire non più un fantasma, ma una ragazza vera, in carne ed ossa, fosse anche solo per guardare insieme la luna, un tramonto o per sentire il suo calore accanto.

Verso la fine del gioco, ci si ritrova poi ad attraversare un'ambientazione abnorme in senso di lunghezze: corridoi costantemente dritti ed infiniti, scale che sembrano non finire mai, corse in viadotti nel buio e nel silenzio totali... inizialmente mi sembrava uno spreco di gameplay -cosa c'è di "divertente" nel mantenere in su la levetta del joypad per 5, 6 minuti abbondanti, facendo camminare il personaggio nel vuoto e nel silenzio senza incontrare né oggetti né nemici?-... poi si capisce che la cosa è voluta, che è quello il senso di vuoto, di solitudine in un mondo troppo grande ricercato dagli sviluppatori e così rappresentato. Persino il giocatore è stufo di affrontare tutto da solo, e vuole qualcuno, cercare un qualcosa che porti nuovi suoni e colori. E quindi si va avanti, cercandolo, e alla fine gli sviluppi arrivano. Arrivano ma lasciano anche dei dubbi. Per esempio, la fantasmina Sai racconta di come la popolazione non vedesse l'ora che si attivasse la campana di vetro che avrebbe permesso a tutti di comunicare senza più l'uso della parola. Dice, per l'esattezza, che tutti erano entusiasti all'idea di questa nuova era e che praticamente non vedevano l'ora di arrivarci. Ma quindi perché, nei vari ricordi raccolti attraverso gli oggetti, molto spesso la gente parlava in modo tutt'altro che felice, come se fosse invece consapevole che, a brevissimo, sarebbe stato il loro ultimo giorno di vita? Tutti parlavano in modo consapevole di una "fine", cosa che inizialmente mi faceva pensare ad una catastrofe imminente come l'esplosione inevitabile di qualcosa, o un impatto di un meteorite sulla Terra... invece, se è che tutti erano entusiasti all'idea della campana di vetro, se è che teoricamente nessuno immaginava la fine che avrebbero fatto, così come ha raccontato Sai, perché allora nei ricordi sapevano che era giunto il loro ultimo giorno di vita, magari anche dando l'addio a qualcuno? Forse si riferivano semplicemente al fatto che, da quel momento in poi, l'uso della parola sarebbe svanito?

Inoltre, non mi è ancora chiaro chi fossero quel pseudo umano di Crow, il mascherone, i robot in generale e i manichini; erano alieni accordati con gli umani sull'uso della campana, esseri artificiali dotati di intelligenza? Che cosa c'entravano di preciso quei "non-umani", chi erano, che cosa volevano di preciso, da dove venivano esattamente? Forse sono stata disattenta io, ma non mi sono chiare le risposte a queste domande. Onestamente non ho nemmeno capito se anche il professore era del tutto umano, e se era ancora vivo oppure già fantasma durante lo scontro finale. E poi, alla fine dove se ne va Ren? Sta davvero salutando Seto per separarsi da lui? Ma perché? Perché non rimanere insieme, dopo tanta fatica, a vedere 'ste stelle insieme ogni sera? Lì per lì, sul finale, ammetto di avere pensato che allora tutto quanto non aveva avuto senso. Detto questo, Fragile Dreams rimane un titolo molto piacevole, di un sentimento unico e che non tanti giochi hanno. L'ho giocato davvero ben volentieri -anche se cristonando ogni tanto per i controlli-.

Oltre a Fragile, come dicevo è un periodo in cui il Sega Saturn mi sta facendo parecchia compagnia, e devo dire che è circa dai tempi dell'N64 che non provavo delle sensazioni simili. Mi sento un po' come se fossi ritornata a quei tempi dove i giochi sapevano ancora sorprendermi e stupirmi, farmi sognare e divertire come quando era tutto un po' nuovo. Ho recuperato alcuni titoli che mi interessavano, quali Exhuemed, Alone in the Dark: Jack is back e Virtual Hydelide, seguiti poi da Discworld, Athlete Kings e Story of Thor 2 arrivatomi questa mattina e non ancora provato. Scoprirli oggi è ancora fantastico, e per qualche motivo il Saturn ha un qualcosa di “magico” che rende l'esperienza diversa dal solito, almeno personalmente. Sono più che sicura che, se avessi recuperato la versione PS1 di Exhumed, non sarebbe stata la stessa cosa, pur essendo i giochi praticamente uguali (ho sentito dire che la versione Saturn non è la migliore, altri affermano il contrario... io lo trovo un gioco semplicemente fantastico). Infatti, nonostante lo possieda proprio per PS1, sono quasi invogliata a prendermi Loaded per Saturn. Boh', sarà la sensazione che da' un pad senza joystick nel tenerlo in mano, il formato e l'odore delle custodie, la forma squadrata e massiccia della console. Una bella sorpresa è stato anche Virtual Hydelide, inizialmente così... strano, tanto da lasciarmi un po' spiazzata -sì perché mi ero immaginata qualcosa di leggermente diverso-, eppure, andando avanti, diventa nel suo piccolo appassionante. Non c'è una vera e propria crescita del personaggio nelle battaglie, solo quando si sconfigge un boss e si passa all'obiettivo successivo il livello e i parametri crescono. Anche gli oggetti, mentre si vaga per le terre, sono assai sporadici (e a volte si confondono fin troppo con l'ambiente), eppure ha quel sapore di avventura d'altri tempi, molto “arcade” ed ingenuo, diciamo, forse ignorante, che lo rende unico a modo suo -per non dire l'atteggiamento esilarante del protagonista, con quei suoi assurdi abiti e le armature tipo la fairy armor in terribile contrasto... noi lo abbiamo ribattezzato “Ugo” per alcuni motivi-. Alone l'ho momentaneamente sospeso, ma possiede allo stesso modo una grande atmosfera avventurosa. Onestamente non vedo l'ora di proseguire anche quello, con il suo particolare sistema di controllo, la sua esplorazione e gli enigmi farciti con la raccolta di tanti oggetti. Una piacevole sorpresa è stata anche Discworld, che non avevo mai giocato: proprio in questo periodo lo sto portando avanti, e il suo humor esilarante e i suoi disegni che sembrano piccoli dipinti mi stanno facendo un'ottima compagnia. Scoprire un nuovo scenario o risolvere degli enigmi lascia sempre quell'entusiasmo e quella soddisfazione tipiche del genere, e in Discworld il tutto è migliorato dal quel suo piacevole gusto retro. E che dire di Athlete Kings? Preso proprio perché invogliata dai giochi olimpici, mi sono già quasi smontata i tripiciti nei 100 metri, e proprio nella difficoltà di alcuni giochi che propone risiede la sua bellezza, la sfida che ti invoglia a provare e riprovare, facendoti divertire un mondo. Giocarlo in due dev'essere davvero divertente, quindi spero di recuperare presto un secondo joypad! Per quanto riguarda Story of Thor 2, nel pomeriggio l'ho provato per un'oretta abbondante e ne sono rimasta affascinata: era da tantissimo che un'avventura di questo stampo non mi affascinava così. Già di per sé le atmosfere arabesche hanno il loro perché, ma il suo approccio avventuroso farcito da enigmi, poteri, combo e oggetti un po' à la Zelda confermano ancora una volta la bellezza del parco titoli di questa console. Inoltre, finalmente un gioco il cui inglese è tanto semplice da essere comprensibile persino a me. Niente male davvero!

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